Nasce il “Genoa Cricket and Athletic Club”: gli esordi del football a Genova, da Sampierdarena a Ponte Carrega

Il 7 settembre 1893 nasce il Genoa Cricket and Athletic Club. Tre anni dopo diventerà socio il pioniere inglese James Spensley che convertirà il club al football e lo condurrà alla vittoria dei primi tre campionati italiani

La storia del calcio a Genova rappresenta a pieno diritto uno dei primissimi capitoli della storia del calcio in Italia. Il Genoa è il club più antico fra quelli in attività, la sua fondazione risale al 7 settembre 1893. A partire dal 1896 la squadra dei pionieri inglesi è guidata da James Spensley, vince nel 1889 il primo campionato italiano riconosciuto come tale e nel 1904 ne ha già vinti sei su sette. Pochi anni dopo sarà il precursore in Italia del calcio professionistico. La Sampdoria è il risultato della fusione avvenuta nel 1946 fra Sampierdarenese (1899) e Andrea Doria (1900), storica rivale cittadina del Genoa sin dai primi calci all’ombra della Lanterna. Teatro di questo antichissimo derby, senza dubbio ancora oggi fra i più sentiti in Italia e non solo, lo stadio Luigi Ferraris, il “Marassi”, ovvero il più antico impianto italiano in attività.

Grazie al grande lavoro svolto negli anni dalla Fondazione Genoa 1893 e da grandi giornalisti e appassionati come Gianni Brera, Edilio Pesce, Nino Gotta solo per citarne alcuni, possiamo oggi ricostruire il calcio genovese degli albori. Un viaggio lungo cinquantanni dalla nascita del Genoa alla nascita della Sampdoria, la storia di una grande passione popolare che ancora oggi caratterizza la città di Genova.

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Un primato, quello genovese nel calcio italiano, da dividere solo con la città di Torino. I documenti indicano la città della Mole nel 1887 come sede del più antico club di football italiano, il Football and Cricket Club Torino, fondato dal primo footballer del nostro paese l’italo-svizzero Edoardo Bosio. Nello stesso periodo a Genova il football era arrivato dal mare, dagli equipaggi dei vapori inglesi. Stiamo parlando di un gioco completamente sconosciuto agli italiani ma già fra i più popolari in patria se si considerano gli oltre 100.000 paganti dello stadio di Wembley in occasione della finale di FA Cup del 1901. Mentre nella città sabauda i footballer inglesi che vivono in città e praticano con il pioniere Bosio attirano quasi da subito l’interesse e la passione di alcuni indigeni, soprattutto appartenenti alla classe nobile (celebre il caso del Duca degli Abruzzi fra i fondatori del Nobili Torino Football Club nel 1889), a Genova la diffusione dello sport britannico fra i locali è più lenta e nei primissimi anni il football rimane esclusiva inglese, pur iniziando ben presto a superare i confini del porto.

La Piazza D’Armi di Sampierdarena

Il teatro dei primi matches di football è la Piazza d’Armi di Sampierdarena, allora San Pier D’Arena, comune autonomo separato dalla città di Genova dal promontorio di San Benigno e collegato ad essa dalla Porta Nuova della Lanterna. Sampierdarena è sul finire del XIX secolo un comune in rapida ascesa demografica grazie prima alla costruzione della ferrovia e di conseguenza al fiorire del settore industriale (era soprannominata la Manchester d’Italia) favorito dalla posizione strategica accanto al più importante porto italiano (vai all’approfondimento storico). La Piazza d’Armi si trovava al Campasso sulla sponda est del Polcevera, nella zona dell’attuale via Walter Fillak, in prossimità della grande fabbrica degli industriali scozzesi Wilson e MacLaren operanti nel settore della meccanica di precisione. La colonia anglosassone era ormai radicata da diversi anni nella zona del porto fra Sampierdarena e il confinante sestiere genovese di San Teodoro (ancora oggi fra le vie dei quartieri si possono notare testimonianze di quel passato) e andava diffondendosi rapidamente su tutto il territorio genovese. Il football era destinato a fiorire.

Genova antica, via Milano

Sampierdarenesi e genovesi, agli albori dell’ultimo decennio del XIX secolo, frequentano la Piazza d’Armi soprattutto per praticare discipline sportive anch’esse relativamente nuove (la ginnastica e l’atletica, ma anche il “tamburello”). Come nel resto d’Italia, infatti, vedevano la luce le prime società di ginnastica. La Società Ginnastica Sampierdarenese, fondata il 6 giugno 1891, sin dagli esordi è costretta a dividere la Piazza d’Armi, soprattutto il sabato e la domenica, con marinai e operai inglesi che sudano e gridano rincorrendo il pallone. E, gioco forza, il football inizia a incuriosire anche gli indigeni ginnasti. Già in quei primissimi anni si narra di corse contro il tempo il sabato e la domenica mattina per occupare la Piazza d’Armi e aggiudicarsi per primi il diritto a giocare. Si trattava ancora quasi esclusivamente di sfide fra equipaggi inglesi. Si svolgevano anche due o più partite allo stesso tempo, con un’unica porta valida per due incontri e i due portieri uno di spalle all’altro impegnati contemporaneamente in due matches diversi. I gruppi che non riuscivano ad occupare in tempo una porzione di campo, erano costretti ad attendere il loro turno e dovevano accontentarsi di fare da spettatori. Parole malintese, malscritte e malpronunciate come “bec”, “alf”, “fouard” per indicare le posizioni in campo, “meci” al posto di “match”, entrano con il passare del tempo nel vocabolario dei giovani locali che iniziano a praticare con l’obiettivo di unirsi o addirittura sfidare i “furesti”. Fra queste parole la più curiosa è sicuramente “meali”, espressione che probabilmente deriva da “May I?” (domanda del portiere all’arbitro prima di calciare) e che ancora oggi viene utilizzata quasi esclusivamente a Genova e dintorni per indicare la rimessa da fondo campo. Ma se le regole base del football vengono velocemente apprese anche dagli indigeni, ciò che inizialmente fatica ad attecchire fra genovesi e sampierdarenesi è quella sorta di codice cavalleresco che seguono i footballer. Non sono permessi colpi proibiti, cariche, sgambetti. Lo sport per gli inglesi è innanzitutto esaltazione del merito e dell’abilità dello sportivo, il football non fa eccezione. Fare goal o non farlo fare deve dipendere esclusivamente dal talento del giocatore e dall’organizzazione della squadra. Insomma, randellare, come si dice dalle nostre parti, non è ben visto. E i nostri giocatori in erba, a quanto pare, quando lentamente iniziano a mischiarsi con gli inglesi, non sono ben accetti soprattutto in quanto non rispettosi del codice.

Il Genoa di Spensley, Ponte Carrega e i primi campionati di calcio

James Spensley e la storia del Genoa dei pionieri inglesi

Mentre la working class inglese inizia a spargere il seme del calcio a Sampierdarena, la classe agiata della colonia inglese a Genova fra i giochi di madrepatria preferisce ancora il cricket, l’atletica, il tennis, il nuoto e la pallanuoto. E, paradossalmente, anche quando giovedì 7 settembre 1893 nella nuova sede del consolato britannico in Via Palestro 10 interno 4 nasce il Genoa Cricket and Athletic Club, non è ancora il football a tenere banco. Come racconta il grande giornalista sportivo Gianni Brera, quello che di lì a poco sarebbe diventato leggenda del calcio italiano, inizialmente è un club di facoltosi immigrati inglesi desiderosi di praticare l’atletica e soprattutto il cricket. Riservato a soli soci britannici, nei suoi primi due anni e mezzo di vita il club non lascia traccia nelle cronache locali. È il 20 marzo 1896 la data da segnare in rosso nel calendario della storia del Genoa e del calcio italiano, giorno in cui un signore inglese di nome James Richardson Spensley paga 5 lire come quota d’iscrizione ed entra a far parte del Genoa Club. Non sappiamo se prima del suo arrivo all’interno del club qualcuno avesse già praticato il football oppure no, quello che sappiamo è che di lì a poco il Genoa rimborsa a Spensley l’acquisto di palloni di cuoio e la maggior parte dei soci inizia a giocare a calcio con continuità abbandonando progressivamente l’iniziale vocazione al cricket.

Spensley, pioniere del calcio a Genova

Spensley (nelle foto) è a pieno diritto il vero pioniere del calcio genovese e insieme al torinese Bosio uomo simbolo e padre fondatore del calcio in Italia. Londinese di nascita, classe 1867, si trasferisce a Genova nel 1896 in qualità di medico addetto ai marinai e ai marittimi inglesi che scaricano e lavorano con il carbone nel porto. Trascorrerà a Genova tanti anni e oltre a dedicare anima e corpo al calcio e al suo Genoa, lavora come corrispondente per il Daily Mail, fonda la sezione genovese dei Ragazzi Esploratori Italiani (che diventeranno “boy-scout”), studia archeologia ed egittologia, conosce il greco antico e il sanscrito e tiene conferenze in qualità di promotore di un circolo genovese di studi filosofici. Una figura di grande personalità. In pochi mesi diventa l’anima del Genoa Club e lo trasforma, lo plasma in campo e fuori per traghettarlo sino alle soglie del professionismo. Gioca inizialmente come terzino e poi come portiere, è sin dal primo momento capitano e allenatore della squadra, sceglie fra i soci del club i giocatori da schierare e prepara la formazione per le partite, organizza gli allenamenti e le sfide con i connazionali.

Edoardo Pasteur

Di quei primi mesi di football ci ha dato testimonianza Edoardo “Dadin” Pasteur, storico footballer genovese con passaporto svizzero, il più longevo fra i pionieri del Genoa. Classe 1877 e deceduto nel 1969, in quei giorni era lì sul campo insieme a Spensley ad alzare polvere rincorrendo il pallone. «Allora il campo del Genoa era la Piazza d’Armi di Sampierdarena. Non c’erano le porte, venivano fatte con pietre o con i nostri indumenti. Solitamente si giocava il sabato, all’uso inglese, e le squadre venivano reclutate dal compianto dottor Spensley dai vapori all’ancora nel porto o tra gli operai inglesi delle Ferriere Bruzzo. Io ero l’unico giocatore nato a Genova, un oriundo alla rovescia».

Agli albori del 1897 Spensley era riuscito a convincere i soci della necessità di aprire le porte del club anche agli italiani, inizialmente a patto che fossero abbienti e in numero minimo di 50. Per praticare il football era necessario innanzitutto avere un proprio campo e i nuovi capitali sarebbero stati vitali per sostenere le spese. Gli occhi dei footballer genoani erano puntati sulla Val Bisagno, in particolare sul prato del Velodromo di Ponte Carrega. Ed è proprio questo il teatro della prima partita di calcio a Genova documentata su un giornale. Si tratta della Gazzetta dello Sport (al tempo non ancora “rosea”), aprile 1897, l’incontro si disputa a margine di una manifestazione ginnica e vede il Genoa Cricket and Athletic Club affrontare la “Cristoforo Colombo”, compagine di casa, affittuaria del campo di Ponte Carrega e con tutta probabilità la prima società di ginnastica genovese ad aprirsi al calcio. Nel presentare il match il cronista presenta ai genovesi il Genoa Club: “[…] esiste però di fatto un altro foot-ball club qui in Genova, composto in maggior parte da inglesi, i soci del quale si misurarono già diverse volte nella Piazza d’Armi in Sampierdarena con degli equipaggi di vapori inglesi”. Di lì a poco, grazie alla mediazione di Geo Davidson socio sia del Genoa che della Colombo, la società genovese cederà il campo di Ponte Carrega al Genoa prima in una sorta di sub-affitto e poi definitivamente nel 1899 quando scomparirà nell’anonimato (secondo alcune fonti fu proprio il nucleo della Colombo a dare vita alla sezione calcio dell’Andrea Doria l’anno successivo). Pasteur ricordava che a Ponte Carrega il terreno era ondulatissimo, con porte di legno irregolari e ancora senza rete. Del livellamento del campo si incaricherà lo stesso Spensley, rimborsato dal club.

Il campo di Ponte Carrega

Nel frattempo, in quegli stessi giorni, nasceva “dall’altro lato della Lanterna” un nuovo club di calcio. Ne da notizia il Secolo XIX sempre nei primi giorni di aprile del 1897: “Foot-ball. Alcuni mesi fa diversi giovanotti della nostra città, onde dare maggiore incremento a questo interessante giuoco, fondarono una nuova società che prese il nome di Foot Ball Liguria, la quale conta ora numerosi soci. Procedono attivamente le esercitazioni dirette da provetti giocatori e si spera tra poco di assistere ad importanti gare. Alla novella società i nostri migliori auguri di prosperità”. Si tratta della prima testimonianza della più antica progenitrice della Sampdoria (la sezione calcio della Società Ginnastica Sampierdarenese sarebbe nata due anni dopo), due articoli pubblicati a pochi giorni di distanza inauguravano di fatto l’eterno derby di Genova. Alla nascita del FB Liguria è molto probabilmente legata la figura di un altro pioniere del calcio genovese, di cui però si sa pochissimo. Lo conosciamo come Giorgio Venturini e lo ritroviamo l’anno dopo in prestito dal Liguria nella formazione titolare del Genoa e due anni più tardi in pianta stabile nelle file della neonata Andrea Doria. Un calciatore genovese presente agli esordi di tutte e tre le compagini cittadine.

Il 1898 è l’anno in cui nasce a Torino la FIF (Federazione Italiana Football), precisamente il 15 marzo, con l’obiettivo di prendere le distanze dai tornei organizzati fino a quel momento dalla Federazione Ginnastica Italiana (il primo a Treviso nel 1896 vinto dalla Società Udinese di Ginnastica e Scherma e il secondo proprio a Genova terminato senza disputare la finale; solo la Cristoforo Colombo aveva partecipato fra le squadre genovesi) a cui i soci del Genoa e dei club torinesi criticavano il regolamento non fedele a quello dell’Association inglese. I fondatori erano tutti facenti parte dei football club di Torino e le società membri all’atto della fondazione oltre alla stessa Cristoforo Colombo e al Genoa, sono le torinesi Football Club Torinese, Internazionale Torino e Società Ginnastica Torino, la piemontese Unione Pro Sport Alessandria e la milanese SEF Mediolanum. Trattasi della madre dell’attuale FIGC ed è proprio dal 1898 che la Federazione Italiana fa partire l’albo d’oro del campionato italiano di calcio. Sino al 1913 la Federazione Ginnastica continuerà a organizzare in parallelo alla FIF i suoi tornei (dal 1904 adottando in toto il regolamento dell’Association inglese), che però non sono mai entrati a far parte dell’albo d’oro della FIGC.

Ma facciamo un passo indietro e torniamo agli albori del 1898 per raccontare una pagina memorabile della storia del Genoa di Spensley ovvero quello che viene definito il primo atto ufficiale del calcio italiano, la doppia sfida Genova – Torino antipasto del primo campionato di calcio. L’andata si gioca il 6 gennaio a Ponte Carrega, si sfidano il Genoa e una rappresentativa torinese e per la prima volta sono documentati gli spettatori paganti: sono 212, per un incasso lordo di 284,50 lire e netto di 64,45 lire. Considerando l’ingresso a pagamento, si tratta di un buon numero ed è segnale che il calcio aveva iniziato ad attirare la curiosità dei genovesi. «La giornata sportiva nelle nostre gare casalinghe era presso a poco questa – testimonianza di Pasteur da “Football 1898-1908: l’età dei pionieri”, catalogo della mostra curata dalla Fondazione Genoa 1893 – ci si trovava sul campo di buon’ora alle otto, i dirigenti con un annaffiatoio tracciavano le righe e tiravano le corde per delineare il settore del pubblico; alle dieci arrivava il carro con le sedie, una cinquantina, e si disponevano al centro per le autorità e i signori. Alle 12 si faceva colazione in una osteria dietro al campo e alle 15 aveva inizio la partita». Il Genoa capitanato da Spensley perde contro i torinesi 0 a 1. In quell’11 schierato da Spensley gli unici italiani sono il già citato Venturini in prestito dal Liguria e Ernesto De Galleani oltre all’italo-svizzero Pasteur. Due mesi esatti più tardi la rivincita coincide con la prima trasferta della storia del Genoa. Si gioca al Velodromo Umberto I di Torino e Spensley rivoluziona la squadra, schierando se stesso fra i pali e integrando in formazione nuovi soci, prove generali di quello che sarà di lì a pochi mesi il primo 11 campione. Il Genoa si impone con lo stesso risultato dell’andata, ma la partita è da ricordare soprattutto per la ricostruzione che ha pubblicato quasi un secolo più tardi il grande Gianni Brera. Dal pallone gonfio di pioggia e fango che pesava il doppio del normale, allo sfortunato scontro di gioco fra Ghigliotti (genoano prestato per l’occasione alla compagine torinese orfana di un giocatore) e lo stesso Pasteur, con frattura del setto nasale di quest’ultimo. Ma la sfortuna dell’ “oriundo alla rovescia” del Genoa non finì qui e portò ad un finale tragicomico con l’arresto al triplice fischio del buon Pasteur per renitenza alla leva (accusa del tutto infondata avendo Pasteur passaporto svizzero) e risoltasi solo dopo una notte passata in carcere con il naso, scrive Brera, “così gonfio e paonazzo da ricordare le melanzane”.

Ma il mese di marzo del 1898 è memorabile per il calcio genovese anche per quello che possiamo definire il primo antesignano del derby di Genova. Si gioca due settimane dopo la nascita della FIF e, pur in assenza di notizie certe, per diverse fonti si tratta dell’eliminatoria ligure per la qualificazione al campionato. Il Genoa affronta il FB Liguria e si impone per 4 reti a 2. La partita è documentata sia sul “Caffaro” (quotidiano genovese dell’epoca) che sul Secolo XIX. Il primo scrive “Domenica con un tempo pessimo ebbe luogo un’interessante sfida di football fra il Genoa Cricket and Athletic Club e il Football Club Ligure. Quest’ultima squadra capitanata dal forte Venturini è composta di forti giovanotti che hanno una perfettissima tecnica di giuoco. La vittoria però arrise al Genoa Cricket and Athletic Club che quantunque con quattro giocatori di meno riuscì a fare punti 4 a 2”. Commento che fa sorridere e denota una punta di campanilismo ligure a scapito del Genoa “britannico”, considerando la sconfitta in 11 contro 7 tanto “forti” e “dotati di perfettissima tecnica” i sampierdarenesi si fa fatica ad immaginarli.

Storia del Genoa, la prima tessera sociale ai tempi di Spensley

Per il Genoa “potente squadra di uomini fatti” come la ricordava il pioniere del calcio milanese Colombo, battere i giovanotti del Liguria fu quasi uno scherzo. Spensley puntava il Velodromo di Torino e quello che sarebbe diventato il primo campionato di calcio riconosciuto dalla FIGC. Venne programmato per l’8 maggio del 1898, in occasione del cinquantesimo anniversario dello Statuto Albertino. La formula è quella del quadrangolare, semifinali al mattino e finale al pomeriggio (la stessa formula era stata adottata l’anno precedente in occasione di un quadrangolare fra squadre torinesi a margine del quale era nata la Juventus). Gli ingressi alle singole gare costavano 25 centesimi di lira in piedi e 1 lira seduti nella piccola tribuna e l’incasso sfiorò le 200 lire con poco più di 100 spettatori per la gran finale e i restanti per le semifinali. Il Genoa liquidò facilmente la Ginnastica Torino con due reti a zero e riuscì a vincere ai tempi supplementari la finale con l’unica avversaria italiana dell’epoca all’altezza degli uomini di Spensley, l’International FBC Torino del bomber Bosio. Due a uno il risultato finale, con la rete decisiva dell’ala Leaver, capocannoniere del torneo con due reti insieme a Bosio. Il Genoa, in tenuta bianca, espugna Torino e si aggiudica il primo campionato di calcio. La formazione schierata e guidata da Spensley contava oltre il già veterano Pasteur anche il centravanti svizzero Dapples, gli inglesi Leaver, Le Pelley e Baird e i nuovi soci genovesi Bocciardo, Bertolio, Ghiglione, Ghigliotti e De Galleani. La politica di apertura agli italiani promossa da Spensley aveva dato i suoi frutti non solo in termini economici, ma anche sportivi. Seppur nella maggior parte dei casi si trattava di uomini che avevano lavorato in Svizzera o Inghilterra e avevano già praticato il football o che a Genova per lavoro avevano contatti quotidiani in porto con gli inglesi e parlavano la lingua, la prima formazione campione d’Italia è per sei undicesimi genovese (contando anche Edoardo Pasteur che, seppur svizzero di nazionalità, è nato e vissuto a Genova).

La stagione termina con un secondo derby, questa volta sicuramente amichevole, con il FB Liguria travolto con quattro reti. La truppa di Spensley è ormai dedita al football, sull’onda dell’entusiasmo il 2 gennaio del 1899 viene votato il cambio di denominazione e il Genoa prende il nome che ancora oggi mantiene con orgoglio: Genoa Cricket and Football Club. Su iniziativa di Pasteur viene anche deciso di adottare una nuova divisa a strisce verticali bianco-blu. Nel frattempo la Federazione informa il Genoa che per la seconda edizione del campionato, regolamento alla mano, avrà l’onere e l’onore di organizzare la finalissima a Ponte Carrega. Nonostante le richieste del solito Pasteur spedito a Torino a contrattare, i sabaudi rispondono picche, nessun aiuto per le spese. Arrangiatevi. I genoani non la prendono benissimo, anche perché gli avversari torinesi non avevano ancora provveduto a consegnare le medaglie ai campioni e pretendevano che il Genoa tirasse fuori le “palanche”. Fortunatamente nessuna spesa per la trasferta. Il Genoa dovrà solo battere il FB Liguria e sarà qualificato di diritto alla finale genovese come campione in carica. Sul secondo derby valido come eliminatoria regionale non si hanno notizie. Quello che sappiamo è che il 19 marzo 1899 nasce ufficialmente la sezione calcio della Società Ginnastica Sampierdarenese e che la neonata società indice pochi giorni prima del match eliminatorio una serie di allenamenti ed esercitazioni con l’obiettivo di schierare undici giocatori contro la truppa di Spensley. Alcune fonti parlano di missione fallita e ritiro, altre di vittoria del Genoa per 3 a 1, altre di sola partita amichevole in quanto la Sampierdarenese non fece in tempo a iscriversi. Quello che è certo è che a qualificarsi per la finale è il Genoa.

Il Genoa di Spensley scrive la storia a Ponte Carrega
Finale campionato italiano 1899, Ponte Carrega

La truppa del FB Torinese arriva sul terreno di Ponte Carrega tronfia della vittoria in semifinale e assetata di rivincita dopo lo smacco subito in casa l’anno precedente. Ma Spensley e compagni passeggiano sull’avversario e con un netto 3 a 1 si confermano campioni d’Italia. Purtroppo quel giorno a Ponte Carrega nessuno potè sedere in tribuna in quanto pericolante. L’ingresso per assistere alla finale costa 1 lira e comprende l’affitto di una sedia! Non sappiamo il numero dei paganti e se il Genoa riuscì a rientrare delle spese, sicuramente le medaglie questa volta ci sono e la spesa per acquistarle sostenuta dal Genoa Club non è stata vana visto che rimarranno in sede. Nonostante l’assoluta sportività sul terreno di gioco da parte dei pionieri del calcio con tanto di applauso dei vinti al vincitore, la rivalità fra Genova e Torino non è un mistero. La Federazione, nella persona del nobile Duca degli Abruzzi, aveva messo in palio una bellissima coppa per la squadra capace di aggiudicarsi tre campionati e il rischio che l’ambito trofeo potesse prendere la strada di Genova era sempre più concreto. Per scongiurarlo, l’anno successivo dalla Federazione arriva un’altra provocazione. Il Genoa è informato che quest’anno non ci sarà finale a Genova e, nonostante il regolamento continuasse a indicare che la finale si disputa in casa del vincitore uscente, si torna alla formula del primo anno con sede unica al Velodromo Umberto I. Il Genoa è costretto ad accettare, pena l’esclusione. Anzi, lo si esorta a sfidare la Sampierdarenese (fresca di iscrizione alla Federazione) per l’eliminatoria ligure e legittimare il diritto a disputare direttamente la finale. Nel frattempo in seno al Genoa Club l’indiscussa leadership di Spensley viene messa in dubbio dalla nutrita fetta di soci esclusi dalla formazione titolare. In un primo momento il colpo di stato sembra riuscire, ma alla vigilia del campionato il ruolo di capitano torna a Spensley, questa volta coadiuvato da quattro giocatori definiti “esperti” come si apprende dai documenti dell’epoca. Questi sono i neo campioni inglesi Agar e Howard Passadoro e i già due volte campioni Dapples e De Galleani. La Sampierdarenese è pura formalità. La prima sfida ufficiale fra Genoa e Sampierdarenese di cui abbiamo notizia certa finisce sette a zero per il Genoa. L’ambizione della Sampierdarenese di guadagnarsi un posto nel campionato è stroncata sul nascere. Dall’altra parte della Lanterna devono ancora mangiarne di pastasciutta come si suol dire.

Il Genoa di Spensley vincitore dei primi campionati italiani della storia
Genoa campione d’Italia, 1900

Anche quest’anno a Torino andrà il Genoa di Spensley e ancora una volta scriverà la storia. L’obiettivo dei bianco-blu genoani è la “Challenge Cup”, lo smacco definitivo alla Federazione torinese. La finale se l’aggiudica ancora il Football Club Torinese dopo aver battuto la Ginnastica Torino, la Juventus e il neonato Milan. Niente da fare. Zero a uno Genoa e nuovo applauso dei vinti a Spensley e compagni. Tre campionati su tre. L’ambita coppa sale sul treno con i campioni direzione Genova.

La prima riunione post vittoria del Genoa Club è storica per due motivi. Su proposta del socio e terzino Rossi Paolo vengono votati i nuovi colori sociali, rosso e blu, cinquanta e cinquanta, senza strisce verticali. Era nata la maglia del Genoa indossata ancora oggi ben oltre un secolo di distanza. Contemporaneamente Spensley presenta le dimissioni da capitano, forse vuole avere più tempo da dedicare ai suoi tanti interessi estranei al calcio. A farne le veci sarà Edoardo Pasteur (vai all’articolo successivo sulla Storia del calcio a Genova).

A cura di Gabriele Serpe

Bibliografia:

  • “Genoa, doria, samp & dintorni: Genova Calcio”, autori vari
  • “Una storia biancorossonera: il calcio a Sampierdarena dal tempo dei pionieri del Liguria alla Sampdoria” di Gino Dellachà
  • “Caro vecchio balordo: la storia del Genoa dal 1893 a oggi” di Gianni Brera
  • “Ciao Genoa: cent’anni di storia rossoblu” di Edilio Pesce
  • “Football 1898-1908: l’età dei pionieri”, catalogo della mostra curata dalla Fondazione Genoa 1893
  • “Il derby infinito: curiosità, aneddoti, memorie, notizie e foto di 100 anni di Stracittadina della Lanterna” di Renzo Parodi

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