Il calcio a Genova negli anni ’20: il Grande Genoa e gli anni d’oro della Sampierdarenese

Il Genoa più forte di sempre vince due campionati di fila nel 1923 e nel 1924 ed è la prima squadra a cucire lo scudetto al petto. Gli anni '20 sono anche gli anni d'oro della Sampierdarenese che raggiunge la storica finale del campionato 1922

Gli anni ’20 del XX secolo sono anni d’oro nella storia del Genoa e del calcio genovese. Genova ammirerà le gesta del “Grande Genoa” due volte campione d’Italia, la scalata della Sampierdarenese sino a sfiorare la vittoria nel famoso campionato della “scissione” del 1922 e l’orgoglio dell’Andrea Doria. La Grande Guerra si era portata via milioni e milioni di vite, fra questi anche tanti footballer, l’ex capitano del Genoa Luigi Ferraris e il medico di trincea Spensley, uomo simbolo del calcio genovese (vai al primo articolo sulla storia del calcio a Genova) . Fra i calciatori in rosa nell’ultimo campionato del 1915 (vai all’articolo precedente) fra le fila di Genoa e Doria sono ben 20 i caduti, 5 rossoblu e 15 doriani. Il desiderio di ripartire emerge ovunque e ovviamente interessa anche il calcio che ormai è a tutti gli effetti lo sport più popolare. Sono tante le società che vengono riorganizzate o fondate da zero a Genova in quei mesi. Genoa e Doria si mettono da subito a lavoro per accaparrarsi i migliori nuovi talenti del genovesato e riorganizzare i rispettivi vivavi. Il Genoa ha perso nel conflitto il suo terzino titolare Casanova, la Doria piange le bandiere De Marchi e Galletti da tanti anni grandi protagonisti nell’undici biancoblu.

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La Sampierdarenese sul campo della “Cajenna” nel 1919

Grandi movimenti anche dall’altra parte della Lanterna. La Sampierdarenese assorbe definitivamente lo storico Football Club Liguria di San Pier d’Arena da cui eredita il diritto alla Prima Categoria solo sfiorata prima della guerra e ingloba il rosso dei cugini nella sua nuova divisa, nasce così la storica maglia bianca con banda orizzontale rossonera (fino a quel momento era bianca con banda nera). Arruola i migliori calciatori indigeni del Liguria e forma un undici di soli sampierdarenesi, giovani lavoratori del porto e delle industrie che praticano il calcio per passione e amor di patria. Il presidente Enrico De Amicis insieme al solito Luigi Cornetto cavalca l’entusiasmo della piazza e ristruttura la società con l’ambizione di consolidarsi fra i grandi. Il primo grande passo è uno stadio proprio, sogno che diventerà realtà nel 1920 con l’inaugurazione dello stadio di Villa Scassi, per tutti i sampierdarenesi “a scàtoa de pìloe” (scatola di pillole), nome affettuoso dato all’impianto stretto com’era fra i giardini e Villa Scassi (proprio dove ora sorge via Cantore all’altezza della Villa) e a causa della posizione caratteristica delle tribune a ridosso dei giardini. Il legname per costruirle, come racconta Gino Dellachà nella sua “storia biancorossonera”, viene pagato dalla tifoseria promuovendo un finanziamento pubblico di 5000 lire con azioni del valore di cento lire l’una, a testimonianza della crescente passione dei sampierdarenesi.

Il campo di Villa Scassi a Sampierdarena

Il campionato di calcio tornerà solo nel 1919/1920 e, ancora una volta, le grandi società non riescono a imporre alla Federazione una riorganizzazione improntata su un unico girone che raggruppasse l’elite del calcio nazionale. Le società medio-piccole non possono permettersi lunghe trasferte e si battono per mantenere eliminatorie e gironi regionali. Al girone ligure accanto a Genoa, Doria e Savona, si qualifica la Sampierdarenese insieme alle meteore Spes e Grifone. Il girone è ovviamente dominato da Genoa e Doria che chiudono rispettivamente prime e seconde a 19 e 15 punti. Il primo derby ufficiale post bellico fra le due compagini genovesi marca un sonoro 5 a 1 per il Genoa, che vincerà tutte le partite con punteggi tennistici ad esclusione del derby di ritorno in cui la Doria riuscirà a strappare il pareggio ai campioni rossoblu. Impresa simile riesce alla Sampierdarenese che ferma i cugini doriani sul punteggio di 1 a 1 all’andata per poi perdere il ritorno. Si qualificano Genoa e Doria, per la Sampierdarenese solo il quarto posto a 7 punti. Una nota: delle diciotto squadre qualificate il Genoa è la veterana con 18 partecipazioni al campionato italiano, segue la Juventus con 17, il Milan con 16 e l’Andrea Doria con 15, un bel primato per la città di Genova al tramonto della belle époque del calcio italiano.

La formazione del Genoa negli anni ’20

Tornando sul campo, per i rossoblu la musica non cambia nel girone delle semifinali nazionali. Domina gli avversari e chiude primo da imbattuto con nove vittorie e un solo pareggio (contro la sempre forte Pro Vercelli), mentre l’Andrea Doria fuori dai confini regionali non regge l’urto. Genoa, Inter e Juventus si giocano in un triangolare l’accesso alla finale con la vincente del campionato centro-meridionale. I rossoblu non riescono a mantenere il passo e inciampano nella prima sconfitta stagionale proprio nel momento meno opportuno. La sconfitta contro la Juventus sul neutro di Milano è addirittura seguita da un ricorso del Genoa respinto dalla Federazione per arbitraggio scandaloso. La Juve una settimana dopo perde con l’Inter proprio a Genova accolta da un Marassi a dir poco ostile dopo i presunti torti arbitrali. Nell’ultimo match fra Genoa e Inter i ragazzi di Garbutt non riescono ad andare oltre il pari e vedono sfumare il titolo.

De Prà, storico portiere del Genoa anni ’20

Il 1920 è l’anno della scalata nella società rossoblu dello storico presidente Guido Sanguineti, cileno di origini genovesi, dal 1904 socio del club. Il successore di Davidson crea con il collaboratore e talent scout Ghiorzi e mister Garbutt la squadra che riporterà finalmente il Genoa al successo nazionale. Le basi vengono gettate sin dai primi mesi, con il sorprendente taglio di diversi titolari e l’integrazione in rosa di giovani talenti genovesi che diventeranno leggende rossoblu come il portiere Giovanni De Prà dalla Spes e il giovanissimo Luigin Burlando dall’Andrea Doria. Con loro arrivano anche i vari Moruzzi, Morchio, Catto, a cui si aggiunge l’intuizione di Garbutt di promuovere in prima squadra il ragazzino Ottavio Barbieri. La nuova e giovanissima corazzata che conta ancora sulla forza e l’esperienza dei top De Vecchi, Sardi e Santamaria avrà bisogno di due anni per trionfare e sarà ricordato come il Genoa più forte di sempre, una squadra capace di stabilire il record di vittorie consecutive battuto soltanto dal Milan di Capello in epoca moderna.

Ma procediamo con ordine. Anche perché gli anni che precedono le vittorie del Grande Genoa sono ricchi di eventi. Il campionato 1920/1921 è anticipato da una vera e propria rissa in Federazione. La tanto attesa riforma dei gironi non arriva e, anzi, i gironi regionali aumentano addirittura nel numero di partecipanti. Il girone ligure vede il Genoa dei ragazzini non più dominatore assoluto, ne approfitta la Doria che chiude al primo posto con un autentico exploit che conta di 33 reti fatte e 9 subite riuscendo addirittura a sentenziare i nemici storici rossoblu per 2 a 0 nel derby di andata della Cajenna. L’unica sconfitta del girone per i biancoblu sarà proprio il derby di ritorno in casa genoana. Il vivaio doriano si confermava fucina di calciatori valorosi.

Carzino, capitano della Samp

Anche il cammino della Sampierdarenese è di tutto rispetto. Il 4 a 1 subito nella sfida di andata con la Doria è probabilmente (le fonti sono contrastanti) la prima partita giocata nello stadio di Villa Scassi, che sarà inaugurato con una vera e propria giornata di festa prima di Natale in occasione della vittoria per 2 a 0 contro il Savona. Ma il giorno memorabile della stagione, che manda in visibilio i tifosi rossoneri, è la trasferta di Genova in via del Piano con l’inaspettata e rocambolesca vittoria dei rossoneri contro il Genoa per 1 a 0 grazie, parrebbe, ad un autogol nei minuti finali. Poche settimane prima, un’altra trasferta genovese dei sampierdarenesi era passata agli annali. Sul campo dell’ex Piazza d’Armi di Genova, ai tempi piazza di Francia e oggi piazza della Vittoria, i supporters rossoneri si presentano in gran numero per sostenere la squadra contro la Spes. Una rissa in campo nei minuti finali aizza una ventina di tifosi sampierdarenesi che invadono il campo per abbattere l’avversario della disputa, tal Giovanni Terrile, attaccante spessino, che corre a gambe levate e si infila nel portone di un palazzo dell’attuale via Brigata Liguria prendendo le scale a gran velocità per trovare riparo ai piani alti con gli scalmanati che lo attendono all’uscita. Nonostante l’ovvia sospensione del match, ci volle la sportiva mediazione e tutta la pazienza del rossonero Ercole Carzino, che riuscì a far desistere i supporters e si prese la briga di andare a prendere l’avversario sul pianerottolo per fare ritorno a casa insieme con il tram, ancora in tenuta da gioco. Tutto è bene quel che finisce bene! Ironia della sorte l’anno successivo Terrile sarà ingaggiato dalla Sampierdarenese, per la gioia, immaginiamo, di quei venti tifosi inferociti. Il buon Carzino, invece, di lì a pochi mesi sarà protagonista di un’altra storia capace di fotografare un calcio romantico che ai nostri giorni non si riesce nemmeno più ad immaginare. Il capitano rossonero viene convocato in nazionale per un incontro in terra svizzera, sta però svolgendo il servizio militare fra un match e l’altro e, per legge, non può recarsi all’estero. Ma la chiamata in azzurro non arriva tutti i giorni. Così Carzino, con l’aiuto del massaggiatore, decide di partire ugualmente, si traveste da cameriere e passa la frontiera nel vagone ristorante! Lo stratagemma funziona e il sampierdarenese potrà marcarsi la tanto sognata presenza in nazionale.

La Sampierdarenese e la storica finale del campionato 1922

Tornando al campionato 1920/1921, si qualificano per le semifinali nazionali Genoa e Doria ed entrambe sfiorano la qualificazione alla fase finale. Il Genoa chiude il suo girone di ferro con Bologna, Novara e Milan secondo alle spalle degli emiliani, la Doria non riesce a superare Modena e Alessandria e chiude terza a soli due punti dalla storica qualificazione.

Nell’estate che precede il campionato 1921/1922 le riunioni della Federazione a Torino si confermano bollenti. E se l’anno prima non si era riusciti ad evitare l’azzuffata ma si era salvata almeno l’integrità del torneo, quest’anno accade l’inevitabile. I grandi club non sono più disposti a trattare: o passa la riforma del campionato (stilata da Vittorio Pozzo) o scissione. E scissione fu. La seconda in ordine di tempo nella storia del nostro calcio dopo quella del 1908 (vai all’articolo). Le 24 migliori squadre, fra cui ovviamente il Genoa e con lui la Doria, abbandonarono in massa la Federazione e crearono un nuovo torneo sotto l’ala della neonata Confederazione Calcistica Italiana a cui aderirono anche le principali società del girone centro-meridionale. Fu eletto presidente il sempreverde factotum genoano Edoardo Pasteur. La Lega settentrionale fu divisa in due gironi da 12 squadre. Il Genoa (privo di Santamaria passato temporaneamente alla Novese futuro campione del torneo “povero” della FIGC) dominò il suo girone chiudendo primo a 37 punti con 16 vittorie, 5 pareggi e una sola sconfitta. Ben 61 reti fatte e solo 13 subite. Una cavalcata trionfale che faceva presagire il meglio. Dall’altra parte la Pro Vercelli vinse il girone della Doria che tuttavia si comportò bene chiudendo quarta a parimerito con Juventus e Mantova. La finale del settentrione vedeva di fronte le due squadre più forti e titolate d’Italia, Genoa e Pro Vercelli. Cronache dell’epoca narrano di uno scontro epico all’andata sul campo di Vercelli, con prestazione superlativa del giovane De Prà che nega più volte la gioia del gol ai bianchi, 0 a 0 e ritorno a Marassi. Il Genoa iniziò bene passando in vantaggio, ma fu costretto ad arrendersi alla superiorità della Pro che sentenziò il match con 2 reti a 1. I giornali diedero ampio spazio all’evento sportivo, reso memorabile anche dal gesto dei supporters vercellesi giunti fino a Genova. Al triplice fischio, liberarono due colombi viaggiatori diretti a Vercelli con la notizia del trionfo. Un curioso “calcio minuto per minuto” versione anni ’20.

In parallelo, come accennato, la FIGC organizzò ugualmente il suo torneo senza big a cui partecipò con gloria la Sampierdarenese. I Lupi rossoneri senza Genoa e Doria sono i favoriti del girone ligure. Lo vincono da imbattuti con 18 punti, 8 vittorie e 2 pareggi. L’entusiasmo a Sampierdarena è alle stelle. La squadra, affidata al giovane mister austriaco Karl Rumbold, funziona e si conferma in forma nelle gare del girone B delle semifinali. Chiude parimerito con la SPAL e deve giocarsi il tutto per tutto a Milano il primo maggio del 1922 nello spareggio con i ferraresi per accedere al sogno chiamato finalissima. Da Sampierdarena partono in 500, una cifra di tutto rispetto per l’epoca, per una gara tirata che si prolunga ai supplementari e alla fine li vede vincitori per 2 a 1. La Gazzetta dello Sport del giorno dopo pone l’accento sulla battaglia in campo e sul rumoroso sostegno dei rossoneri sugli spalti “hanno molto gridato e talvolta disturbato durante la partita” e che alla fine possono sfogare la gioia per quello che sarà il momento più alto della storia del club. La finale nazionale con la Novese del campione Santamaria di passaggio dal Genoa è equilibratissima nonostante lo sfavore dei pronostici e devono disputarsi ben tre incontri prima di decretare il vincitore. Dopo due stoici pareggi a Villa Scassi e a Novi Ligure, la “bella” si gioca a Cremona e vede i Lupi rossoneri capitolare solo dopo i tempi supplementari per 2 reti a 1. A un passo dal sogno, a un passo dall’albo d’oro. Ma non senza recriminazioni. Quel giorno sul terreno di gioco accadde di tutto e di più, come testimonia un articolo de “Lo sport cremonese” pubblicato da Gino Dellachà nella sua “storia biancorossonera”: “L’arbitro è stato inferiore al compito che gli era affidato. Diede l’impressione a noi che nessun interesse né diretto, né indiretto ci legava al match, che il rag. Agostini, avesse voluto infierire contro il Sampierdarena […] Il giocatore Vercelli della Novese a un certo punto assesta un pugno da ko al sampierdarenese Grassi, che resta a terra, privo di sensi, ma l’arbitro Agostini finge di non accorgersi di nulla e non espelle dal campo Vercelli. Grassi rimane fuori dal campo per più di mezz’ora ed i rossoneri, pur in inferiorità numerica, per tutto questo tempo, riescono anche a segnare una rete […] ma non per l’ineffabile Agostini che non “vede” Stritzel effettuare la parata oltre la riga bianca. I circa 500 tifosi sampierdarenesi al seguito sono inferociti e tentano più volte di invadere il terreno di giuoco, nascono incidenti sugli spalti, che la forza pubblica riesce comunque a controllare. L’arbitro conclude la sua desolante prestazione non concedendo ai Lupi un sacrosanto penalty nel secondo tempo supplementare, fermando un contropiede rossonero per un offside inesistente ed, infine, convalidando il gol della vittoria novese, anche se viziato da un fallo. Di più non credo potesse fare!” Un resoconto agghiacciante. Viene facile pensare male a un secolo di distanza, figurarsi il giorno dopo la partita. De Amicis e Cornetto sono furibondi, quest’ultimo fa recapitare immediatamente il reclamo ala Federazione che non lo accetta. La furia dello storico dirigente rossonero non si placa e arriverà persino al ricorso alla Fifa, anche questa volta respinto. L’unica cosa che viene convalidata alla Sampierdarenese è la multa per l’invasione di campo dei suoi tifosi.

Il “Grande Genoa” e i due campionati vinti negli anni ’20

Finalmente all’alba della stagione 1922/1923, nel mese di maggio, dopo mesi di trattative (che di fatto iniziarono già nell’autunno del 1921) e proprio mentre la Sampierdarenese veniva derubata sul campo di Cremona, tornava il sereno in Federazione. Il cosiddetto “compromesso Colombo” mise tutti d’accordo e il campionato federale tornò ad essere uno, con tutte le squadre schierate al via, senza defezioni. Genoa e Pro Vercelli erano le grandi favorite, ma sin dalle primissime partite i rossoblu diedero l’idea di essere semplicemente invincibili. La squadra di Garbutt gira a meraviglia e macina gli avversari uno dopo l’altro. L’undici titolare è una filastrocca che qualsiasi genoano conosce a memoria: De Prà, Moruzzi, De Vecchi, Barbieri, Burlando, Leale, Neri, Sardi, Catto, Santamaria, Bergamino. A parte la colonna De Vecchi, milanese ma ormai genovese d’adozione, gli altri sono tutti nati all’ombra della Lanterna. Il girone B dei rossoblu non ha storia, 61 reti all’attivo come l’anno precedente, primo classificato a 7 punti di distanza dal secondo. Nel girone C l’Andrea Doria non riesce ad andare oltre la metà classifica (da notare come ormai fosse diventata norma in Federazione quella di evitare i derby, due squadre rivali della stessa città non dovevano trovarsi nello stesso girone, per prevenire problemi di ordine pubblico e soprattutto al fine di estirpare la “cattiva abitudine” di tifare contro l’altra squadra della propria città…), mentre prosegue il momento d’oro della Sampierdarenese autentica sorpresa del girone A vinto dalla Pro Vercelli. I Lupi di mister Rumbold, addirittura imbattuta ed in testa alla classifica per metà campionato, sono protagonisti di un grande torneo spinti da capitan Carzino e da un pubblico sempre presente e particolarmente rumoroso in casa come in trasferta. A Villa Scassi cadono tre grandi del calibro di Torino, Inter e Pro Vercelli. Il girone di ritorno non sarà all’altezza della prima metà, ma i rossoneri chiuderanno terzi e imbattuti fra le mura amiche.

Il cammino trionfale del Genoa proseguirà anche nella fase finale del nord contro la sorpresa Padova e la solita Pro Vercelli. Il popolo rossoblu non sa più aspettare, è arrivato dopo tanti anni di attesa il momento di tornare sul tetto d’Italia. La prima trasferta è a Vercelli e finisce in parità. In casa il Genoa giustizia il Padova e batte la Pro con uno storico gol di Sardi. La trasferta a Padova è il match decisivo (il Padova fra le mura amiche aveva battuto a sorpresa la Pro) e la squadra è accompagnata da quello che è a tutti gli effetti il primo treno speciale di tifosi di cui si ha notizia. Lo storico match in terra veneta vinto 3 a 0 venne ricordato parecchi anni dopo dal difensore Moruzzi anche per la presenza di centinaia di marinai genovesi giunti da Venezia che all’entrata in campo dei beniamini alzarono i cappelli al cielo al grido “Genoa! Genoa!” caricando all’inverosimile i ragazzi di Garbutt. Finalmente, dopo 19 anni trascorsi fra vittorie sfiorate o concesse a tavolino e rifondazioni tecniche, il Genoa tornava a vincere il campionato sul campo. Imbattuto, dalla prima all’ultima giornata. La finale contro la Lazio campione del sud sarà una formalità utile soprattutto per i festeggiamenti allo stadio di Marassi il 15 luglio 1923, 4 a 1 davanti ai propri tifosi e 0 a 2 a Roma, con la squadra ricevuta dal Papa (oggi quasi una routine, ma ai tempi fatto eccezionale) e dal nuovo presidente del consiglio Benito Mussolini che, probabilmente in questa occasione, pronuncia la celebre frase “Insegnate a questi romani come si gioca al calcio!”.

Il “Grande Genoa” degli anni ’20

Prima di concedere il bis in Italia, lo squadrone rossoblu è protagonista della storica tourné estiva del 1923 in Argentina e Uruguay, evento mediatico di grande rilevanza per l’epoca. Su tutte la sfida con la nazionale uruguagia, probabilmente la squadra più forte del mondo in quegli anni, che vede i rossoblu di Garbutt competere sino all’ultimo e perdere 2 a 1 raccogliendo plausi ed onori. Neanche il tempo di distendere i muscoli e al ritorno in Italia è già tempo di campionato. Quest’anno potrà essere finalmente applicata la famosa riforma di Vittorio Pozzo con la Lega Nord ridotta al meglio delle compagini italiane con sole 24 squadre in due gironi da 12, inoltre, il campione avrà il diritto di cucire sulla maglia il tricolore, viene infatti messo in palio per la prima volta lo “scudetto”. Genoa e Sampierdarenese insieme nel girone A con obiettivi diversi, i primi per vincere e i Lupi per la salvezza. La Doria nel girone B non può competere con Bologna, Pro Vercelli e Torino e punta ad un campionato tranquillo. Tutte e tre le genovesi centreranno l’obiettivo. La corazzata di Garbutt continua a mantenersi imbattuta fino a raggiungere il record di 33 partite di fila che rimarrà rossoblu per la bellezza di 69 anni. Chiuderà il girone primo con ben 14 vittorie e sole 3 sconfitte, con il miglior attacco e la miglior difesa. Unica squadra che sembra poter impensierire i rossoblu nel girone (passa alla finale nord solo la prima classificata) è la Juve a cui però vengono tolti 6 punti (2 dei quali conquistati proprio contro il Genoa) per un tesseramento non regolare. La Samp riesce a difendersi con onore e non rischia nulla, riuscendo anche a battere l’Inter e, soprattutto, a espugnare nuovamente Marassi beffando 1 a 0 il Genoa (con l’attenuante delle assenze di De Prà, Burlando e Santamaria) dopo il poker rifilato dai rossoblu all’andata in quel di Villa Scassi. Il derby Genoa – Samp si giocò “di fronte ad un pubblico quanto mai numeroso – scriveva il Secolo XIX – malgrado gli esagerati prezzi da… match internazionale”. Il Genoa è in questo momento la squadra più mediatica d’Italia e, evidentemente, non rinuncia a battere cassa. Memorabile in questi mesi anche la lotta ai “portoghesi” portata avanti dalla società rossoblu, in particolare “quelli dello Zerbino”, come si legge in una delibera del Consiglio del 1922; in effetti ai tempi, senza l’attuale miriade di palazzi, la vista sul campo non doveva essere niente male. D’altro canto, simili attenzioni al bilancio portano alla concessione del lusso richiesto da Garbutt per i campioni: docce calde negli spogliatoi di Marassi… per quegli anni, particolare tutt’altro che scontato. Nel girone B vince il Bologna e la Doria chiude con un dignitoso sesto posto. Il Genoa deve superare l’ostacolo felsineo per accedere alla finalissima con la vincente del sud. Il titolo è nuovamente a un passo. All’andata a Marassi, però, succede di tutto. Il match è straordinariamente teso, gli avversari si dimostrano all’altezza e il clima sugli spalti si scalda a tal punto che le cronache del tempo parlano senza mezze misure di risse e disordini fra i due schieramenti. Un episodio che rimane memorabile è il pugno rifilato da un tifoso genoano presente a bordo campo (ex giocatore e allenatore in carica della Cremonese) durante un diverbio con un attaccante emiliano (mille lire di multa al Genoa e quattro mesi di squalifica al mister tifoso). Quando ormai il match sembra destinato alle reti bianche, un gollonzo di Neri sul finale fa gioire il pubblico di Marassi e decide la partita. Ma nulla è ancora scritto e per il retourn match il clima non può certo essere disteso. Un contropiede fulmineo di Santamaria sotto la pioggia battente di Bologna fa esplodere i tifosi genoani e manda su tutte le furie i bolognesi che minacciano l’invasione. L’arbitro perde il controllo e prima regala un rigore ai padroni di casa (nel tentativo di mantenere l’ordine ed evitare incidenti sugli spalti, come lui stesso scrive sul referto), poi sospende la partita. Dopo due settimane arriva la decisione della vittoria a tavolino degli uomini di Garbutt per “gravi intemperanze del pubblico”. Il Genoa è a un passo dal bis. Deve aspettare settembre prima di affrontare il Savoia, questa volta un avversario che pare più temibile rispetto alle finalissime scontate che fino a qui avevano deciso i campionati. L’andata a Marassi, tuttavia, fece intendere il contrario. Dopo pochi minuti il Genoa era già avanti 2 a 0 e i genoani potevano liberare la gioia sugli spalti. Finisce 3 a 1. Il ritorno in terra campana fa registrare un pareggio (il primo della storia per una compagine del sud in finale nazionale) una partita comunque gestita con esperienza dai rossoblu, senza eccessive sofferenze. I nove volte campioni sono salutati con ammirazione e rispetto dai tifosi di casa e possono tornare a Genova con lo scudetto in tasca, pronto per essere cucito al petto, per la prima volta in Italia, sulla maglia rossoblu.

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A cura di Gabriele Serpe

Bibliografia:

  • “Genoa, doria, samp & dintorni: Genova Calcio”, autori vari
  • “Una storia biancorossonera: il calcio a Sampierdarena dal tempo dei pionieri del Liguria alla Sampdoria” di Gino Dellachà
  • “Caro vecchio balordo: la storia del Genoa dal 1893 a oggi” di Gianni Brera
  • “Ciao Genoa: cent’anni di storia rossoblu” di Edilio Pesce
  • “Football 1898-1908: l’età dei pionieri”, catalogo della mostra curata dalla Fondazione Genoa 1893
  • “Il derby infinito: curiosità, aneddoti, memorie, notizie e foto di 100 anni di Stracittadina della Lanterna” di Renzo Parodi

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