Castelletto e la Circonvallazione a Monte

La storia di Castelletto, San Rocchino, Sant'Anna e San Nicola. L'antico acquedotto, le ville e i parchi

Il quartiere di Castelletto si estende sulle prime alture della città, e trovandosi per lunghi secoli fuori le mura, prima di diventare quartiere residenziale fu aperta campagna, con macchie boschive e zone coltivate, punteggiata di insediamenti sparsi, monasteri e splendide ville patrizie (solo la zona di Carbonara contava nel ‘500 ben venticinque ville, ritiri di pace e silenzio di facoltosi aristocratici). ​Oggi confina a sud con i sestieri di S.Vincenzo, Portoria, Maddalena, Pré, a ovest con Oregina, e a est con i quartieri della Val Bisagno. In alto sui rilievi le fortezze del Castellaccio e dello Sperone si pongono, anche visivamente, come confini della città.​

Il nome del quartiere proviene dalla fortezza chiamata appunto Castelletto, oggi scomparsa, che si trovava fin dal X secolo al centro di Spianata Castelletto, dove ora il belvedere Montaldo offre una meravigliosa vista sull’intera città. Proprio per la sua posizione elevata, per secoli il Castelletto fu un punto di cruciale importanza per la difesa o il dominio della città: baluardo difensivo fino al ‘400, poi occupato dalla guarnigione francese che da qui e dalla Briglia controllava la città, poi distrutto dal popolo alla fine della dominazione francese (così come la Briglia), successivamente ricostruito a inizio Ottocento dal governo sabaudo e definitivamente atterrato nel 1848, dopodiché sulle sue fondamenta furono costruiti i sei palazzi che vi sono tuttora, che presentano infatti sistemazione regolare su una base a quadrilatero che ha nel centro una piazzetta che un tempo era la corte del fortilizio. Va notato che inizialmente questo gruppo di case doveva essere destinato ad abitazione popolare, come denunciano le facciate lisce e il fatto che all’epoca la spianata non fosse raggiunta dalla nuova viabilità.

Il popolamento intensivo del quartiere avviene progressivamente a partire dall’Ottocento, quando con la rivoluzione urbanistica iniziata su progetto di Carlo Barabino (vai al documentario) la collina venne individuata come area ideale per il quartiere residenziale borghese, poco distante dal centro e con un’invidiabile apertura panoramica sul centro abitato. ​

Le aree principali in cui espandere il tessuto urbano vennero individuate nella valle di S.Bartolomeo degli Armeni, valle di S.Rocchino, valle di S.Anna (zona del rio Bachernia, che un tempo dava il nome a tutta la valle), e il lavoro iniziato dal Barabino  fu continuato dal suo allievo e successore alla carica di architetto civico G.B.Resasco. Il progetto barabiniano finì per essere alterato a favore della speculazione edilizia, riducendo di molto lo spazio tra i caseggiati e l’ampiezza delle strade e aumentando i volumi dei singoli edifici; gli interventi ottocenteschi comunque mantennero sempre un senso di equilibrio, rispetto e dignità dell’abitare che venne poi totalmente a mancare nella selvaggia speculazione operata tra gli anni cinquanta e gli anni settanta.​ Sebbene le vallate siano state ricoperte nel tempo dal tessuto edilizio, ancora oggi esistono le strade che le attraversavano anticamente: S.Bartolomeo dà nome a una via, una salita, una piazza, e un tratto di mura; salita di S.Rocchino, che prendeva il nome da un convento dedicato al santo, salita S.Anna, da una cappelletta votiva intitolata alla santa.​​

Piazza Corvetto Genova, cartolina antica

Anticamente la collina era collegata alla città tramite queste ripide creuze che vi salivano dipartendosi dalla porta dell’Acquasola, da Portello, dalla porta di S.Marta in fondo alla valle del rio Carbonara, e conducevano fino alla sommità dei crinali, in corrispondenza delle mura seicentesche. Fu lungo questi percorsi che si svilupparono spontaneamente gli abitati. La massima parte del tessuto popolare di queste antiche realtà insediative è andata distrutta con l’evoluzione urbana, maggior fortuna hanno avuto invece le ville aristocratiche e i monasteri. Le nuove direttrici viarie aperte nell’Ottocento furono pensate come ampie linee rette che partendo da piazza Corvetto collegavano il centro con la collina sostituendo le mulattiere ormai assolutamente insufficienti. Ecco dunque sorgere Via Assarotti, Via Caffaro e via Palestro con progetti approvati tra 1851 e 1859, senza i filari di alberi previsti da Barabino, ma con la programmata sobria serialità nelle decorazioni delle facciate e nella regolarità dell’impianto, pensata appositamente per svolgere un compito di rappresentanza della borghesia ottocentesca (esattamente come secoli prima Strada Nuova aveva svolto un ruolo rappresentativo della magnificenza della nobiltà genovese). A fine secolo si procedette ad ampliare il piano d’insediamento collinare attraverso l’apertura della strada di Circonvallazione a monte, una delle più importanti realizzazioni nella moderna urbanistica genovese, oltre che una delle strade più belle, dato che il suo svolgersi a mezza costa lungo tutta la collina, da piazza Manin a Principe, le conferisce una panoramicità senza eguali. La strada fu compiuta in tappe successive tra il 1865 e il 1880: prevedeva edifici disposti a monte e filari di alberi a valle, interrotti ove possibile da giardini pubblici, piazze e belvedere. C’era da ovviare ai problemi derivanti dal dover rimanere sulla stessa curva di livello per evitare pendenze eccessive, cosa che richiese sbancamenti e demolizioni. Il piano stradale fu realizzato sfruttando il tracciato dell’acquedotto, demolendo gran parte dei ponti che lo formavano (oggi tuttavia sono ancora visibili, in vari punti del quartiere, evidenti tracce che indicano l’antico percorso) ed erigendo spessi muraglioni di contenimento. A fine secolo infine il progetto fu completato con l’apertura della parte di Circonvallazione che sale alla zona di S.Nicola (dalla chiesa omonima) e al colle di Montegalletto. Se nella prima metà di strada gli edifici seguono il gusto sobrio ed elegante del Barabino, nella seconda – realizzata nella seconda metà dell’Ottocento – vediamo affermarsi il gusto eclettico di moda con architetti come Gino Coppedé, che a Genova lavorò moltissimo (suoi Castello Bruzzo in via Piaggio e Castello Mackenzie presso Manin, che ricalca forme gotiche), o le suggestioni medievaleggianti della dimora del Capitano De Albertis (il castello omonimo edificato sui resti del bastione di Montegalletto) da lui stesso progettata, lasciata in eredità alla città e oggi sede del Museo delle Culture del Mondo.​

Genova, circonvallazione a monte - Cartolina antica

All’inizio del Novecento avvenne gradualmente l’urbanizzazione delle aree a monte della Circonvallazione, con largo intervento della stessa borghesia imprenditoriale che aveva preso residenza in zona e che, riunita in cooperative, acquistò numerosi lotti edificabili. Le nuove operazioni edilizie persero però il carattere equilibrato e lungimirante di quanto fatto fino ad allora, con risultati nettamente inferiori.

Oltre a Circonvallazione e alle vie già citate, esistono due ascensori che collegano Castelletto al centro: entrambi partono da Spianata, uno giunge in Largo della Zecca, l’altro a Portello, la cui stazione di arrivo conserva ancora l’originario stile liberty con cui fu concepita. Entrambi vennero realizzati e messi in funzione nel primo ventennio del Novecento. Altro sistema di salita verso le zone collinari sono le funicolari: quella di S.Anna, nata su idea e realizzazione di una società composta da stranieri – visitatori abituali della città che intuirono l’utilità di una struttura di questo tipo e si misero in società per darle vita – è in servizio dal 1891: originariamente l’impianto funzionava sfruttando la forza motrice dell’acqua proveniente dagli acquedotti De Ferrari Galliera e Nicolay, e venne elettrificato solo nel 1979; quella che percorre il tratto Zecca-Righi fu inaugurata nel 1897 e conduce alla parte più alta del quartiere, la zona anticamente detta delle Chiappe (fin dal 1100) dove si apriva la porta omonima nella cerchia seicentesca, in prossimità della fortificazione del Castellaccio. Un tempo luogo di grande importanza strategica dal punto di vista militare per l’ottima posizione sulla vallata, dall’Ottocento il Righi divenne meta delle gite domenicali e delle passeggiate dei genovesi, come d’altronde è ancora oggi, con le trattorie e i sentieri in costa che portano verso i forti.

Piazza Manin, da cui prende il via la Circonvallazione, è direttamente collegata al centro tramite via Assarotti, e venne aperta tra 1887 e 1889 nei pressi dell’ultima cinta muraria – quella seicentesca – in corrispondenza del tratto nominato mura dello Zerbino e mura di S.Bartolomeo. Se della seconda denominazione si è già data spiegazione, la prima va attribuita al termine genovese zerbo, che significa gerbido, cioè terra arida e incolta. A breve distanza da piazza Manin si trova la stazione del Trenino Genova-Casella: ferrovia storica dalla tratta lunga circa 25 km che ha conservato l’aspetto caratteristico con i piccoli vagoni dal sapore retrò. Inaugurato nel 1929 per mettere in comunicazione i paesini dell’entroterra con la città in modo semplice e veloce, il treno compie un percorso panoramico che offre punti di vista inconsueti sulla città e il paesaggio.

CASTELLETTO, VILLE E PARCHI

La zona ospitava nei secoli passati le residenze suburbane di molti nobili (così come la collina di Albaro). Ancora oggi ne esistono diverse, dislocate in vari punti del quartiere; le più interessanti sono quelle diventate di pubblica proprietà e i cui spazi sono stati destinati a sede museale o i giardini a parco pubblico.

Su Piazza Corvetto, punto di incontro dei confini di tre quartieri (Castelletto, S.Vincenzo, Maddalena) si aprono – attraverso il raccordo di un’ampia scalinata sulla cui sommità è il monumento a Giuseppe Mazzini – i giardini di Villetta Di Negro, rientrante nell’area di Castelletto. Il parco della villa nacque nella seconda metà del Settecento, quando era ancora di proprietà dei Durazzo, e fu destinato ad orto botanico; passata poi la proprietà a Gian Carlo Di Negro, il parco divenne una prestigiosa sede di studi e si arricchì di una vasta collezione di reperti archeologici classici. Alla morte di Di Negro nel 1863 la villa fu ceduta dagli eredi al Comune, che la aprì al pubblico e la collegò alla spianata dell’Acquasola, procedendo a un tempo alla sistemazione del parco con migliorie (viali, laghetti, giochi d’acqua) e aggiunte di essenze di vario tipo. Oggi la villa ospita il Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone.

Villa Pallavicini (o delle Peschiere, per le numerose vasche dei giardini) in via S.Bartolomeo degli Armeni, fu edificata nel XVI secolo e corredata, dato il terreno inclinato, di un ampio giardino a terrazze, con scalinate, specchi d’acqua e ninfei; è in una splendida posizione panoramica, ma ha subito una drastica riduzione della dimensione del parco in seguito all’apertura di via Peschiera a fine ‘800.

Villa De Mari Gruber si trova in corso Magenta (parte di Circonvallazione, che assume nomi differenti nei vari tratti); le terre di pertinenza della villa si estendevano un tempo tra salita S.Maria della Sanità e salita di S.Rocchino (i cui nomi si legano, come sempre, alla presenza di omonime chiese) e fu residenza estiva della famiglia De Mari fino a metà Ottocento, quando fu venduta all’industriale austriaco Gruber. La proprietà pervenne infine al Comune che vi allestì per un periodo il Museo Americanistico oggi confluito a Castello D’Albertis. Il giardino della villa è oggi un parco aperto al pubblico.

Villa Balbi Gropallo è situata lungo le mura dello Zerbino, da cui prende la seconda denominazione, ossia villa dello Zerbino: residenza di villeggiatura dei Balbi nel ‘500, passò ai Durazzo e poi ai Gropallo. Al giardino geometrico rinascimentale si accostò successivamente il giardino paesistico all’inglese nei primi dell’Ottocento, e ancora oggi tali tipologie sono mantenute. La villa è privata ma viene utilizzata per cerimonie e ricevimenti.

Villa Piaggio, in corso Firenze, risale al ‘400 e fu fatta costruire dai Moneglia, nobili proprietari di vasti terreni in zona. Acquistata dal senatore Piaggio a fine Ottocento, è diventata di proprietà comunale negli anni ’70.

EDIFICI CIVILI

Oltre ai già citati Castello D’Albertis e Castello Mackenzie, tra le emergenze architettoniche di maggior interesse nel quartiere spicca l’Albergo dei Poveri. La sua edificazione è direttamente legata all’esigenza di controllare e limitare il dilagare della povertà estrema, che andava aumentando ad ogni carestia ed epidemia creando stuoli di mendicanti ad ogni angolo di strada ed era quindi, a Genova come in tante altre città, fenomeno di inaudita gravità che necessitava di urgenti interventi. Poiché il Lazzaretto della Foce e gli altri ricoveri già esistenti non avevano capienza sufficiente, nel 1656 il governo, su iniziativa del nobile Emanuele Brignole, deliberò la costruzione di un nuovo ospizio grande abbastanza da accogliere tutti i poveri della città. Si individuò quindi un sito nella zona collinare e boscosa tra Montegalletto e Carbonara e si diede il via ai lavori, grazie anche alla grande somma messa a disposizione dal Brignole; la fabbrica si protrasse per tutto il XVII e XVIII secolo attraverso progressivi ampliamenti grazie alle donazioni di cosiddetti “Grandi Benefattori” che contribuirono all’opera, e costituì un esempio importantissimo di politica assistenziale. Oggi l’Albergo è una delle sedi dell’Università di Genova.

CHIESE E MONASTERI

Per la sua posizione sopraelevata e lontana dal centro abitato la zona fu ideale fin da tempi remoti per la costruzione di conventi e monasteri che un tempo punteggiavano solitari queste colline. Nel vasto numero, se ne citano alcune tra le più antiche o di maggior interesse.

La Chiesa di S.Bartolomeo degli Armeni, che sorge sulla piazza omonima, risale al XIV secolo ed è stata parzialmente inglobata da un palazzo ottocentesco. Nel 1308 ne venne autorizzata la costruzione da papa Clemente V su richiesta di due monaci armeni dell’ordine di S.Basilio; nel 1355 il monastero fu posto a capo dell’ordine basiliano nella penisola. La chiesa è meta di devozione dei fedeli cristiani poiché qui è conservato dal 1384 un sudario considerato sacro: sarebbe parte infatti del sudario di Cristo, di cui riporterebbe l’impronta del volto.

La Chiesa della SS.Concezione, officiata dai Cappuccini, nella piazza omonima, fu eretta a spese del governo nel ‘500 al termine della pestilenza durante la quale l’ordine religioso si prodigò per l’assistenza ai malati, come ringraziamento all’opera infaticabile dei monaci. Della ricchissima biblioteca che conservava diversi incunaboli non è rimasta traccia, dal momento che fu dispersa durante le soppressioni napoleoniche.

Il Complesso Conventuale di S.Bernardino, in prossimità delle mura nuove, esiste fin dal XII secolo. L’edificio originario fu demolito nel ‘400, mentre il convento attiguo alla chiesa risale a fine ‘800.

La Chiesa di S.Anna, che dà il nome alla salita e alla piazza adiacenti, risale alla fine del ‘500 e rappresenta il primo insediamento dell’ordine dei Carmelitani Scalzi al di fuori della Spagna. Che fosse scelta Genova come primo luogo per uscire dal paese non deve stupire, dati gli stretti rapporti politici ed economici che legavano Spagna e Repubblica nel XVI secolo.

Il Santuario della Madonnetta si trova a discreta altezza sulla città ed è raggiungibile percorrendo a piedi la creuza omonima, che si inerpica ripida verso i monti. Esso sorge su una preesistente cappella dove era stata sistemata un’immagine sacra della Madonna. L’ingresso dell’edificio non è a sud, verso la città e il panorama, ma è rivolto a nord, verso le alture, cosa che invita il fedele appena giunto al raccoglimento, suggerito anche dall’impianto severo e rigoroso. La tradizione popolare vuole che l’orientamento dell’ingresso sia dovuto alla profezia fatta da S.Brigida, che passando per queste alture avrebbe vaticinato che un giorno Genova sarebbe stata completamente distrutta: il portale sarebbe stato dunque rivolto a nord per non vedere la città rasa al suolo. La chiesa ospita un presepe permanente con statuine attribuite a noti scultori genovesi del passato.

Il Monastero di S.Barnaba vede gettate le proprie fondamenta già nel Duecento (elementi architettonici medievali sono ancora ravvisabili nei paramenti murari), con un’autorizzazione dell’abate di S.Siro che permetteva a un eremita, tale Fra Bonifacio, di vivere in questo luogo che si trovava sotto la sua giurisdizione. Questo fatto rende l’idea delle caratteristiche di isolamento, distacco e raccoglimento che dovevano contraddistinguere Castelletto nei secoli passati, prima dell’urbanizzazione. A metà ‘500 l’edificio passò in mano ai Cappuccini.

Tra i tanti edifici religiosi ve ne sono anche alcuni che non esistono più, come la Chiesa di S.Francesco in Castelletto, sorta nel XII secolo presso le mura del Barbarossa alle pendici della collina, rimaneggiata in quelli successivi (secondo costume, molte aggiunte di pregio furono frutto delle donazioni fatte da famiglie nobili), subì dapprima dei restringimenti dovuti alla costruzione dei palazzi di Strada Nuova, poi fu abbandonata in seguito alle soppressioni napoleoniche e infine demolita in buona parte nell’Ottocento, mentre la parte ancora in piedi venne inglobata in un edificio moderno. Ugualmente scomparso è il Monastero Superiore delle Monache Turchine che si trovava tra Corso Firenze e Corso Carbonara.

ACQUEDOTTO

Come già ricordato, l’opera di costruzione della Circonvallazione sfruttò il tracciato del preesistente acquedotto: esso quindi, giunto nell’attuale piazza Manin, compiva il tragitto oggi ricostruibile percorrendo la suddetta strada. Nonostante la demolizione sono infatti presenti ancora numerose tracce, dirette e indirette, della sua antica presenza. Lo stretto passaggio pedonale denominato Passo dell’Acquidotto si svolge parallelo a Corso Solferino ed è un tratto residuo: la sua ampiezza ci svela la sezione esatta dell’acquedotto nella sua parte cittadina; tra questo e Villa Gruber esistono arcate superstiti in corrispondenza dello scomparso Ponte Canale; sotto Corso Solferino i lastroni del marciapiede coprono in un punto un tratto residuo. Arrivato al bosco dei Cappuccini, l’acquedotto si divideva in due: un braccio orientale detto delle Fucine, uno occidentale detto di Castelletto, più antico. Entrambi scendevano verso il mare, alimentando mulini, officine, lavatoi, fontane. Presso la spianata di Castelletto, in cima a Salita S.Gerolamo, si trovano delle arcate residue che costituiscono uno dei brani meglio conservati in città.

COSTRUZIONI MILITARI

Buona parte del confine orientale del quartiere coincide ancora oggi con i resti della mura nuove (XVII sec.). Partendo da piazza Manin si giunge in breve al Righi, dove inizia l’itinerario dei Forti. Lungo la strada le mura prendono denominazioni diverse: presso Manin mura dello Zerbino, poi mura di S.Bartolomeo, mura di S.Bernardino con omonime porta e torre, mura di S.Erasmo e mura delle Chiappe (il nome è dovuto all’antica presenza di cave di ciappe, lastre di ardesia). A coronamento di questo tratto di cinta erano e sono anche attualmente due forti, Castellaccio e Sperone. Al primo si arriva attraversando un’imponente porta dopo un ponte su fossato. La prima fortificazione in questo luogo risale con probabilità al Trecento, edificata da Fieschi e Grimaldi; aggiornata nel ‘500 per volere di Andrea Doria e rinforzata durante la realizzazione delle mura seicentesche, subì l’aggiunta della cosiddetta Torre della Specola nell’Ottocento, durante il dominio sabaudo. Il forte è noto per l’esecuzione di sei partigiani avvenuta ad opera dei nazisti l’alba del primo febbraio 1945. Dal Castellaccio le mura proseguono fino alla cima del monte Peralto dove si staglia il massiccio forte Sperone, a cavallo tra le valli Polcevera e Bisagno. Eretto nel ‘500, anch’esso subì modifiche e aggiunte fino al  XIX secolo, e conserva l’accesso tramite ponte levatoio che copre un ampio fossato.

SALITE E CREUZE

Salita Battistine venne realizzata a fine ‘500 per collegare l’insediamento religioso dei frati Cappuccini con la zona di Portello, così chiamata per la presenza di una porta minore – portello appunto – nella cinta muraria. Il nome della strada è legato a chiesa e convento dedicati a S.G.Battista sorti qui a metà ‘700. Il tracciato della via subì una netta riduzione quando cominciarono gli interventi urbanistici che portarono all’apertura delle gallerie Corvetto-Portello e Portello-Zecca, nonché per l’apertura di Via Caffaro. In uno dei primi edifici della salita risiedette il filosofo Nietzsche nel 1880 durante il suo soggiorno genovese.

Tra le antiche vie sopravvissute è Salita S.Rocchino, mulattiera che prende il nome da una chiesetta intitolata al santo nel ‘400. Volgarmente detta “creuza do formaggiâ”, strada del formaggiaio, un tempo saliva dall’Acquasola senza interruzioni, mentre oggi è divisa a metà dal passaggio della Circonvallazione.

Salita S.Anna conserva anch’essa l’aspetto antico di stretta creuza che sale da Portello e conduce alle pendici del monte del Peralto: come salita S.Rocchino anche questa è stata tagliata in due dalla Circonvallazione, mantenendo tuttavia l’antico tessuto edilizio che la costeggiava. Nonostante sia parallela alla moderna e trafficata Via Caffaro, questa stradina pedonale ripida e tortuosa ne è distantissima per aspetto e caratteristiche.

Al suo apice prende il via la creuza di Bachernia, dal rio che dava nome al colle e relativa valle prima che si chiamasse di S.Anna, cioè fino a inizio ‘600, quando iniziò l’edificazione del monastero intitolato alla santa. Dalla valle scendevano le acque che andavano ad alimentare le fontane marose nell’attuale piazza omonima.

Salita Cavallo e Salita Accinelli portano con sé il ricordo delle esecuzioni che numerose si effettuavano nei secoli passati. La prima era soprannominata creuza dell’agonia poiché di qui passavano i condannati a morte che venivano impiccati sulle mura; la seconda era volgarmente detta salita della morte per analogo motivo: vi scendevano i Confratelli della Misericordia portando a spalla i cadaveri dei giustiziati.

Presso Mura delle Chiappe è l’avvio di un’antica strada di mezza costa, via S.Pantaleo, che prende nome da una chiesetta eretta a metà ‘400; la mulattiera percorre la collina in tutta la sua lunghezza, affacciandosi sulla Val Bisagno e terminando in prossimità di Staglieno.

Claudia Baghino

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